IL PRETORE Letti gli atti ed esaminati i documenti di causa; Sciogliendo la riserva che precede, osserva in F A T T O Nel giudizio promosso ex art. 22 della legge 698/1981, la ditta Punto e Pasta di Carraro Emanuela proponeva opposizione avverso l'ordinanza-ingiunzione n. C19733/ing. del sindaco di Vicenza, con la quale veniva comminata la sanzione pecuniaria di L. 2.677.000 per la violazione degli artt. 29 e 36 della legge 4 luglio 1967, n. 580, artt. 2 e 3 del d.P.R. n. 322/1982. Presupposto dell'accertata violazione era il rinvenimento nei locali della ricorrente di un "prodotto" che " .. per forma, costituzione e modalita' di conservazione .." corrispondeva " .. ad una pasta alimentare", ma che ad un'analisi chimico-qualitativa presentava ceneri, cellulosa ed acidita' superiori ai limiti consentiti per la pasta alimentare dell'art. 29 della legge n. 580/1967. Impugnando il provvedimento sanzionatorio parte ricorrente eccepiva preliminarmente l'illegittimita' costituzionale degli art. 28, 29 e 36 della legge n. 580/1967. Esponeva che con la sentenza della Corte di giustizia del 14 luglio 1988, in ottemperanza al principio della libera circolazione della merci nell'ambito dei Paesi CEE, era venuto meno il divieto di importare in Italia specialita' gastronomiche che non rispettano gli standards normativi previsti dalla legge n. 580/1967; che era residuato, invece, in danno ai produttori nazionali non rientranti nell'ambito di applicazione della decisione della Corte comunitaria, il divieto contenuto negli artt. 29 e 36 della legge n. 580/1967 di produrre pasta ottenuta lavorando farine diverse da quella di grano duro (ad esempio, farina di grano tenero, di soia etc.). Osservava che siffatto limite appariva rivestire unicamente una funzione discriminatoria tra soggetti (importatori e produttori di paste alimentari) che operano nell'ambito del medesimo mercato nazionale, determinando un'ingiustificata disparita' di trattamento e traducendosi altresi' in un pregiudizio alla liberta' d'iniziativa economica privata. All'udienza odierna, ribadita dalla ricorrente l'eccepita illeggittimita' costituzionale delle norme in questione, nulla opponendo controparte veniva disposta la riunione al presente procedimento di nn. 342-344-345/1992r.g., pendenti tra le stesse parti e nei quali era stata sollevata la medesima questione incidentale. Cio' premesso in linea di fatto, si osserva in D I R I T T O L'art. 29 della legge n. 580/1967 stabilisce che per la produzione industriale di paste alimentari secche, che possono essere conservate per un certo periodo, deve essere usato esclusivamnte grano duro. Gli artt. 33 e 50, primo comma, di tale legge autorizzano invece l'uso di grano tenero solo per la produzione artigianale di paste fresche, destinate al consumo immediato, e per la produzione di pasta destinata all'esportazione. L'art. 36, primo comma, vieta di vendere o di detenere per la vendita pasta "avente caratteristiche diverse da quelle della presente legge". La legge n. 580/1967, c.d. di "purezza", prevede infatti all'art. 29 che la pasta destinata al commercio debba essere prodotta soltanto nei tipi e con le caratteristiche indicate dalla norma stessa "pasta di semola di grano duro" e "pasta di semolato di grano duro". L'introduzione di altri ingredienti, per la produzione delle c.d. "paste speciali", deve essere autorizzata ai sensi dell'art. 30. Tali paste devono comunque essere prodotte esclusivamente con semola di grano duro e poste in commercio con l'indicazione degli ingredienti aggiunti. La sentenza della Corte di giustizia della Comunita' europea del 14 luglio 1988, alla quale ha fatto riferimento parte ricorrente, e' intervenuta su tale quadro normativo, dichiarando che "l'estensione ai prodotti di un divieto di vendere pasta prodotta con grano tenero o con una miscela di grano tenero e di grano duro, come quello contenuto nella legge italiana sulle paste alimentari, e' incompatibile con gli artt. 30 e 36 del trattato". La Corte ha cosi' sancito il principio secondo cui ogni prodotto legalmente fabbricato e posto in vendita in uno Stato appartenente alla CEE deve essere ammesso sul mercato di ogni altro Stato membro. Ha in particolare dichiarato che l'art. 30 del trattato e' dotato di efficacia diretta ed e' in quanto tale attributivo ai singoli di diritti che i giudici nazionali sono tenuti a tutelare. Conseguentemente il menzionato divieto (art. 36, primo comma della legge n. 580/1967) non trova' piu' applicazione nei confronti degli importatori, ai quali e' quindi consentito introdurre e commercializzare sul territorio nazionale paste secche prodotte all'estero con quelle farine, che ai produttori italiani non e' invece concesso utilizzare. Ristretto in tal modo l'ambito soggettivo di applicazione del divieto di cui all'art. 36 primo comma, non si comprende quale sia il fondamento della sua pervicace sopravvivenza nell'ordinamento vigente. Non vi sono obbiettive esigenze di carattere imperativo che possano essere in qualche modo compromesse dalla eliminazione di tale ostacolo. Una volta affermata la possibilita' di importare dall'estero paste confezionate con sfarinati diversi dal grano duro e' venuta meno anche la funzione di "protezione" del prodotto nazionale, svolta dalla normativa in esame prima dell'intervento dell'alta Corte. Ne' sono ravvisabili a fronte del persistere di tale divieto con- crete ragioni di tutela della salute pubblica, considerato che da un lato e' riconosciuta comunque al consumatore italiano la possiblita' di acquistare prodotti comunitari aventi caratteristiche diverse, importati ed offerti sul mercato interno, dall'altro non vi sono allo stato elementi che consentano di ritenere pericoloso o dannoso per la salute il consumo di paste di semola o di semolato di grano tenero. A garanzia, inoltre, della corretta informazione dei consumatori italiani relativamente alla composizione dei prodotti alimentari venduti sul territorio nazionale sono preposte le disposizioni gia' in vigore in materia di "etichettatura, presentazione e pubblicita' dei prodotti alimentari" (d.l. 27 gennaio 1992, n. 109), con le specifiche prescrizioni contenute nella recente circolare del Ministero dell'industria, commercio ed artigianato 2 novembre 1992, n. 131149. A tutela, infine, ed a promozione (anche all'estero) del prodotto tradizionale italiano (pasta di grano duro) opera la previsione sia di una "denominazione di origine protetta" sia di un "marchio" c.d. di garanzia con la funzione di attestare la specificita' del prodotto, contenuta nei regolamenti CEE nn. 2081/1992 e 2082/1992 del 14 luglio 1992. Nel panorama legislativo cosi' tratteggiato non si individua quale ruolo "positivo" svolgano attualmente le previsioni di cui agli artt. 28, 29, e 36, primo comma della legge n. 580/1967. Va invece osservato come la loro permanenza realizzi una situazione di disparita' di trattamento tra i produttori italiani (ai quali e' imposto di produrre e vendere pasta confezionata unicamente con farina di grano duro) e gli importatori italiani (ai quali e' consentito introdurre per la vendita prodotti comunitari realizzati con materie prime diverse). I produttori italiani vengono in tal modo ad essere penalizzati anche rispetto ai produttori di altri Stati membri della CEE, i quali possono liberamente produrre ed esportare in Italia pasta prodotta senza grano duro. Tale diversita' di trattamento e' ancor piu' evidente se si considera che tutti questi soggetti si trovano contemporaneamente ad operare nell'ambito del medesimo mercato (quello nazionale) e nei confronti di un destinatario comune (la stessa categoria di consumatori). La disciplina inpugnata introduce quindi un limite alla liberta' d'iniziativa economica dei prodotti italiani, il risultato della cui attivita' viene irragionevolmente compresso. Alla luce di quanto fin qui esposto non risulta manifestamente infondata la questione di illegittimita' costituzionale degli artt. 28, 29 e 36, primo comma della legge n. 580/1967, sollevata dalla ditta Punto e Pasta in relazione agli artt. 3 e 41 della Costituzione. Quanto alla rilevanza della questione va osservato che essa incide direttamente sulla portata dell'emanando provvedimento giurisdizionale relativo ai ricorsi proposti dalla ditta Punto e Pasta. Infatti, premesso che allo stato non risulta sussistere la violazione degli artt. 2 e 3 del d.P.R. n. 322/1982 richiamata nelle ordinanze-ingiunzioni opposte, qualora le norme della legge n. 580/1967 impugnate venissero dichiarate costituzionalmente illegittime si profilerebbe la possibilita' di un accoglimento totale dei motivi di opposizione adotti dalla ricorrente con conseguente annullamento dei provvedimenti sanzionatori emessi nei suoi confronti. Va pertanto ordinata la sospensione del giudizio e la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale per la risoluzione della questione di cui si e' detto.